PERMESSO DI SOGGIORNO A PUNTI: COSA HA DETTO SALVINI, COSA ESISTE GIÀ E QUANTO È REALIZZABILE?

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Negli ultimi giorni il vicepremier Matteo Salvini ha rilanciato l’idea di un “permesso di soggiorno a punti, come la patente: se commetti reati o infrazioni ti tolgo punti e alla fine vieni rispedito nel tuo Paese”. La dichiarazione — rilanciata dai principali media e dallo stesso Salvini sui social — ha riaperto il dibattito su sicurezza, strumenti amministrativi e diritti fondamentali. In questo articolo spiego il contesto della dichiarazione, cosa esiste già in Italia, come funzionano i sistemi “a punti” all’estero, quali sono gli ostacoli giuridico-amministrativi, dove mancano i dati e quale è la plausibilità pratica di una simile riforma.

PERMESSO DI SOGGIORNO A PUNTI PROPOSTA DI MATTEO SALVINI
PERMESSO DI SOGGIORNO A PUNTI – PROPOSTA DI MATTEO SALVINI

La proposta è stata annunciata pubblicamente da Salvini durante un’intervista/ospitata televisiva e rilanciata poi su canali stampa e social: il nucleo del messaggio è l’idea di collegare comportamenti illeciti o infrazioni a una decurtazione di “punti” sul permesso di soggiorno, fino alla revoca/espulsione.
Si tratta — per ora — di una dichiarazione politica e mediatica: non è stata presentata al momento una bozza di legge accessibile al pubblico che ne definisca criteri, sanzioni e procedure.

In Italia non è del tutto nuovo il ricorso a meccanismi a punteggio nell’ambito dell’integrazione. L’Accordo di integrazione (obbligatorio per chi entra per la prima volta con permesso di durata almeno biennale) è strutturato per crediti: allo straniero vengono assegnati crediti (in genere 16 alla firma) e deve acquisirne altri partecipando a corsi di lingua, conoscenze civiche, ecc., per raggiungere un target (30 crediti) entro i termini stabiliti.
L’inadempimento ad attività obbligatorie può comportare la perdita di crediti (alcune note locali parlano della perdita di 15 dei 16 crediti in caso di mancata partecipazione ad attività previste). Tuttavia questo strumento è focalizzato sull’integrazione e sulla formazione, non è un “contatore di reati”. interno.gov.it+2Integrazione Migranti+2

Molti Paesi usano sistemi a punti, ma principalmente per selezionare chi può entrare o ottenere la residenza permanente (es. Express Entry/CRS in Canada, il sistema punti per visti qualificati in Australia, ecc.). I punti lì premiano istruzione, esperienza lavorativa, lingua e altri fattori favorevoli all’ingresso — non sono un meccanismo di decurtazione collegato a condotte illegali successive al rilascio del permesso.
È quindi cruciale distinguere i due modelli: punti per entrarepunti per punire durante il soggiorno.

Il Testo Unico sull’immigrazione (D.lgs. 286/1998) prevede già strumenti per la revoca del permesso e l’espulsione per motivi di ordine pubblico o per condanne penali; quindi la linea politica “chi commette reati può essere espulso” non è in sé inedita.
La novità sarebbe trasformare questa logica — che oggi richiede valutazioni caso per caso e procedure — in un meccanismo numerico/automatico che traduce una pluralità di condotte in decurtazioni e soglie di allontanamento. Questo solleva questioni di proporzionalità, diritti di difesa, gravità della condotta che meriterebbero approfondimenti costituzionali e di diritto europeo. In questo video, vengono spiegati i principali casi di revoca del permesso di soggiorno.

Nel Testo Unico sull’Immigrazione (D.lgs. 286/1998), la normativa aggriornata prevede sia la revoca del permesso di soggiorno che l’espulsione amministrativa. L’articolo 5 stabilisce che il permesso può essere rifiutato o revocato quando vengono meno i requisiti richiesti per il soggiorno, anche in seguito a condanne penali o a valutazioni di pericolosità sociale, con particolare attenzione alla tutela dei legami familiari.

L’articolo 13 disciplina invece l’espulsione: può essere disposta dal prefetto se lo straniero è irregolare, ha il permesso scaduto da oltre 60 giorni senza averne chiesto il rinnovo, o se il titolo è stato revocato o annullato. Questi sono soltanto alcuni casi più frequenti. L’esecuzione spetta al questore, con l’accompagnamento alla frontiera o l’intimazione a lasciare il territorio, nel rispetto del principio di non-refoulement che vieta l’espulsione verso Paesi in cui la persona rischia persecuzioni.

In questo video vi presentiamo come il governo attuale sta già attuando le espulsioni di massa senza aspettare il permesso di soggiorno a punti voluto da Matteo Salvini e dai suoi predecessori come Umberto Bossi e Giancarlo Gentilini che puoi ascoltare in questo video contro gli stranieri in Italia.

  • Definizione delle infrazioni/reati: quali condotte portano a quante decurtazioni? Distinzione tra reati penali, violazioni amministrative e comportamenti socialmente scorretti.
  • Garanzie processuali: la decurtazione sarebbe automatica all’accertamento dell’infrazione o subordinata a sentenza? Come garantire il diritto al ricorso e il principio di proporzionalità?
  • Infrastruttura informatica: servirebbe una banca dati nazionale aggiornata e integrata con prefetture, questure, procure e anagrafe, con rischi concreti di errori e effetti collaterali (es. cancellazione errata del permesso).
  • Cooperazione internazionale per i rimpatri: anche oggi l’espulsione è complicata per Paesi senza accordi o che rifiutano riammissioni; la “politica dell’espulsione” può scontrarsi con limiti pratici.
    Questi fattori rendono l’operatività complessa e soggetta a contenziosi. (Analisi basata su requisiti normativi e processuali attuali.). Per conoscere la situazione attuale, GUARDA QUESTO VIDEO.


Sebbene l’Accordo di integrazione preveda crediti e sanzioni per inadempienze, non esistono statistiche pubbliche facilmente reperibili a livello nazionale che mostrino quante persone effettivamente perdono punti o quante decurtazioni abbiano portato a conseguenze amministrative rilevanti. Per ottenere numeri certi servirebbero richieste ad hoc (accesso agli atti) alle Prefetture o al Ministero dell’Interno.

La differenza tra permesso di soggiorno a punti e accordo di integrazione sarebbe quindi nell’intenzione punitiva che caratterizzerebbe il permesso di soggiorno a punti e l’intenzione di includere i nuovi arrivati in Italia tramite i percorsi previsti dalla firma dell’Accordo di integrazione.

  • A breve termine: alta la probabilità di annunci e disegni di legge ispirati alla proposta (messaggi politici di “tolleranza zero” sono usati spesso in campagna). Questo potrebbe succedere finché l’attuale governo ha la maggioranza in parlamento che vota e modifica la legge proposta dal governo, ma le conseguenze sarebbero tante perché prive di studio di fattibilità e ricadute di questa norma.
  • A medio/lungo termine: bassa la probabilità di una attuazione veloce e generalizzata senza ampie modifiche normative, studi di impatto, e soluzione delle criticità tecniche/giuridiche sopra descritte.
    Occorrerebbero almeno: testo legislativo dettagliato, norme attuative, investimenti informatici e garanzie processuali. In mancanza di ciò la proposta rischia di restare uno slogan o di generare un meccanismo contestato in sede giurisdizionale.

In conclusione, l’idea del “permesso di soggiorno a punti” evocata da Matteo Salvini mette insieme elementi reali (strumenti di revoca/espulsione già esistenti) e una semplificazione comunicativa forte (la patente a punti rilasciata non soltanti agli italiani, ma anche agli stranieri regolari in Italia). In Europa e nel mondo i sistemi a punti esistono principalmente per selezionare chi entra; trasformare i punti in uno strumento punitivo automatizzato solleva invece problemi concreti di diritto, amministrazione e dati.
Per comprendere l’effettivo impatto servirebbero numeri precisi sulle decurtazioni oggi effettuate nell’ambito dell’Accordo di integrazione e un testo di legge chiaro su criteri, procedure e garanzie.

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