Sanatoria 2012: per il 90% dei bocciati il problema è la prova di presenza

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Mentre tantissimi lavoratori stranieri continuano a chiedersi quale sarà l’esito della loro richiesta di regolarizzazione fatta durante la sanatoria del 2012, tanti si stanno chiedendo quale sia stata la causa della bocciatura di 1 richiesta su tre, come è stato pubblicato in un articolo recente. Secondo quanto pubblicato dal sito stranieriinitalia.it, per 90% dei bocciati il problema è la prova della loro presenza in Italia almeno 6 mesi prima della presentazione della richiesta. Ecco la spiegazione: 

Sanatoria 2012: 90% bocciati per mancata prova di presenzaNon sono riusciti a dimostrare che erano in Italia dal 2011. Dalla riunione tra ministeri, sindacati e associazioni anche il no a un nuovo decreto flussi

Non sono riusciti a dimostrare, attraverso “documentazione proveniente da organismi pubblici”, che erano in Italia già dal 2011. Per questo motivo non avranno né un permesso di soggiorno, né un contratto di lavoro.

È la prova di presenza lo scoglio sul quale si stanno infrangendo le speranze di migliaia di lavoratori irregolari che hanno tentato la strada della regolarizzazione. Si giustificano così quasi tutti i rigetti decisi finora dagli Sportelli Unici per l’Immigrazione, e il problema è enorme, se si considera che finora è stata bocciata una domanda su tre.

Il sospetto è stato confermato ieri in un incontro  al ministero dell’integrazione tra tutti i soggetti istituzionali interessati alla regolarizzazione,  i sindacati e le associazioni del tavolo immigrazione e asilo.



“Il 90% dei rigetti è dovuto all’impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale  di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011. Dunque non irregolarità documentali o assenza del posto di lavoro, ma solo una norma restrittiva imposta nella procedura” si legge in un resoconto della riunione diffuso dal dipartimento politiche migratorie della Uil.

A quanto pare non è bastata l’interpretazione estensiva data in extremis dal consiglio di Stato, che considerava prove anche abbonamenti del bus, contratti telefonici, certificati medici, attestazioni di centri di accoglienza ecc. E così, quelle poche parole inserite nella legge per evitare un “effetto richiamo” si sono trasformate in una temibile strettoia.

Tra costi alti e paletti, già erano partite poche domande (130 mila) rispetto alle aspettative della vigilia. Ora arrivano anche tante bocciature. Il successo della regolarizzazione appare ulteriormente ridimensionato.

L’analisi fatta ieri da Natale Forlani, direttore immigrazione del ministero del Lavoro, è che “nel 2000 la domanda di lavoro straniero era comunque superiore all’offerta e questo permetteva – malgrado i difetti del meccanismo del decreto flussi o delle regolarizzazione – l’emersione di posti di lavoro veri. Oggi il lavoro non c’è e queste regolarizzazioni fanno emergere molto poco. Servono invece agli affari lucrativi dei ben organizzati professionisti dei permessi” .

“È finita la fase in cui c’era un mercato del lavoro attivo per gli immigrati (regolare o sommerso), anche a fronte di una situazione di scarsa crescita. Oggi anche quel lavoro viene a mancare: da qui l’incapacità del decreto flussi (o della regolarizzazione) a far emergere permessi di lavoro vero” ha concordato Giuseppe Casucci, coordinatore del dipartimento politiche emigratorie della Uil.

“Se è vero quanto affermato da Forlani però – ha sottolineato il sindacalista – condire la sanatoria di tante strettoie è solo servito a far alzare i prezzi del mercato dei permessi. Ora va trovata una via d’uscita per chi viene escluso senza colpa”.

Sindacati e associazioni hanno chiesto quindi più tolleranza e la concessione di permessi per ricerca di lavoro agli immigrati che non hanno responsabilità nel fallimento della procedura di emersione. Dal Viminale arrivano aperture in questa direzione, “tranne nei casi di violazione della legge”.

Ieri si è parlato anche dell’ipotesi di un nuovo decreto flussi, che al momento appare lontana. La linea del ministero del Lavoro rimane la stessa: stop a nuovi ingressi, bisogna prima pensare ai tanti disoccupati che sono qui, italiani e stranieri.

Un punto su cui, spiega il resoconto della riunione, i rappresentati dei lavoratori concordano. “Si è ribadito da parte sindacale – spiega il resoconto – la necessità di politiche attive occupazionali per chi è già in Italia e perde il lavoro, mentre si è convenuto sulla inutilità (e forse dannosità) dell’uso a pioggia del decreto flussi, tranne per le quote obbligatorie. Uno strumento che andrà comunque sostanzialmente rivisto per il futuro”.

Elvio Pasca, stranieriinitalia.it

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